Il salone visto da me
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Il salone visto da me

di Costanza Ghezzi





Torino quest'anno non è stata generosa in termini di clima: 2022 37°, 2023 10° e tanta tanta pioggia. Tre giorni (i primi tre, ma poi sono partita!) di acqua ininterrotta via giù dal cielo. Eppure l'emozione è stata quella di sempre, la sensazione di entrare - dopo aver varcato il cancello d'ingresso e aver vinto la paura di venire respinta - in un mondo incantato e di far parte di qualcosa di grande. E al Salone tutto è grande: gli spazi, i soffitti, la colonna ricoperta di libri che ti accoglie in fondo al Padiglione 1, di fronte alla Sala Rossa. Come grande è l'odore della carta, che arriva alle narici fresco pulito inimitabile, a superare e abbattere il profumo degli hot-dog e del formaggio dei toast.


Il titolo di quest'anno, Attraverso lo specchio o qualcosa di simile, l'ho trovato fantastico. Niente di più appropriato, perché lì dentro mi sento proprio come Alice, quella del Paese delle Meraviglie, esterrefatta e curiosa di affacciarmi in tutti gli stand e di chiedere e di sapere ogni cosa dalle persone che pazienti, dietro o davanti ai banchi ricoperti di libri, rispondono e sorridono e propongono, magari mentre masticano un tramezzino al volo. Persone che con grande estro hanno agghindato le loro postazioni per renderle attrattive e bellissime.



Per chi non c'è mai stato, il Salone si suddivide in due grandi blocchi: blocco uno (costituito da tre padiglioni) dedicato all'editoria indipendente e blocco due (Oval) dedicato ai big. Ovvio che il mio preferito è il primo, dove è possibile parlare con gli editori, con gli editor, con la gente che la casa editrice la costruisce giorno per giorno con fatica e passione. Con gente che ancora sinceramente crede nel lavoro che fa, che ha piacere di stringere una mano, di dare il proprio contatto. Nell'Oval ci sono i Big, e big è davvero tutto: dalle luci agli addobbi, ai cartonati e alle mille altre diavolerie messe in azione per attirare la gente. Tutto bello, per carità, ma a me piace passarci appena. Ci sono sì mille bravissime e bravissimi stuart (non saprei come definirli), preparati e pronti a rispondere a ogni tua domanda, ma il cuore pulsante della casa editrice non ce lo trovi. Magari lo vedi solo passare di corsa e a testa bassa, come a me è capitato con Antonio Sellerio, diretto chissà a quale conferenza stampa, e non si ferma certo per rispondere a una tua domanda.


Nei padiglioni 1, 2, 3, come dicevo, incontri le emozioni. È qui che ho conosciuto, tra i tanti, Elisa Zanchetta editor di VociFuoriScena edizioni, che mi ha parlato di mito, leggenda e letteratura, Walter Lazzerin di CasaSirio o Ambra di Marcos y Marcos. Ho incontrato l'amico Marco Paganini di AltreVoci

e ho potuto abbracciare Annachiara Biancardino di Les Flâneurs e molti altri e molte altre. A ognuno e ognuna di loro dico grazie per avermi accolta e avermi dedicato un attimo del loro tempo, per avermi accompagnata "nell'attraversamento" dello specchio in mezzo al fiume di gente che rendeva fluidi e mutevoli i corridoi. Perché eravamo davvero in tanti, di tutte le età, e questo alla faccia di chi sostiene che la cultura - e i libri - non sono interessanti per la società contemporanea.


Al XXV Salone del libro di Torino ho rubato stimoli, idee, buone sensazioni e sull'onda di tutto questo sono pronta a leggere e sognare di più. E a tornare il prossimo anno per far parte, anche solo per due giorni, delle luci e delle ombre dell'editoria italiana.

L'emozione più grande: ascoltare Michela Murgia presentare il suo ultimo libro "Tre ciotole" in dialogo con Matteo BBianchi, due persone che ammiro e seguo da anni, ancor prima che diventassero così tanto famosi. Grazie al loro impegno e al loro esempio c'è davvero speranza che il mondo possa diventare un posto migliore e più accogliente.
















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